Alzi la mano chi, durante lo scorso lockdown o durante questo lungo periodo caratterizzato dalla pandemia, da dpcm che si susseguono, da aperture e chiusure a volte incomprensibili, è ricorso ai servizi di consegna a domicilio. Praticamente tutti.
Talvolta non solo per farsi recapitare a casa una semplice pizza, ma anche per la consegna dell’intera spesa della settimana.
Certo, prima dello scoppio della pandemia, c’erano ugualmente i servizi di consegna a domicilio, o per dirla in altre parole di “delivery express”. Talvolta sembravano quasi un lusso, un servizio extra non necessario, uno di quegli optional aggiunti che fa piacere avere ma che non sempre è essenziale.
Ora, invece, è cambiato il punto di vista, non solo del consumatore finale, ma anche quello del commerciante e imprenditore di una attività. Potremo definirla una “rivalutazione” di tale servizio: guardato alla luce di necessità diverse e di un contesto fortemente condizionato, ha assunto un’importanza maggiore.
Il delivery per la sopravvivenza delle attività ristorative
Che le attività ristorative siano state tra le più colpite dalle conseguenze di questa pandemia è un dato di fatto per tutti, nessuno escluso. L’incertezza delle aperture, il numero fortemente dimezzato dei coperti rispetto ai costi di gestione invariati per l’apertura dell’attività, se non lievitati a causa dell’adozione di misure e dispositivi di sicurezza hanno messo in ginocchio un settore che in Italia godeva di buona salute.
Anche nei momenti difficili il cibo rimane comunque uno dei più potenti mezzi di consolazione e come rinunciare al piatto forte del proprio ristorante preferito? Come il ristoratore può garantire alla sua attività la sopravvivenza e mantenere il rapporto con la clientela se non acquisirne nuova? La risposta è la consegna a domicilio. Naturalmente non si deve semplificare tutto al trasposto di un prodotto dal luogo di produzione al lungo di consumazione.
Il servizio di consegna a domicilio prevede un’attenta organizzazione logistica, il cui standard aumenta quando si parla di mettere in atto azioni anti contagio. Inoltre, è ormai risaputo, proprio il servizio di delivery è diventato una discriminante significativa nella scelta di un’attività piuttosto che un’altra, quell’elemento che fa pendere da un lato anziché l’altro l’ago della bilancia.
Ma come deve essere un buon servizio di delivery?
Cosa vuole il cliente
Puntualità e costi contenuti. Sono questi gli elementi a cui i consumatori prestano più attenzione quando si accingono a ordinare qualcosa da farsi recapitare comodamente a casa. Che il servizio sia garantito direttamente dall’attività commerciale o si tratti di un partner terzo specializzato nella consegna, il consumatore finale pretende che si rispettino gli orari ma soprattutto che il costo del servizio stesso non incida in maniera significativa sul valore totale dell’ordine. Generalmente ci si aspetterebbe che il costo di delivery si mantenga tra il 5 e 7% del costo dell’ordine. Certo l’ideale per il cliente sarebbe avere la consegna gratuita, ma soprattutto quando si tratta di un servizio garantito direttamente dall’attività ristorativa non sempre questo è possibile.
Un altro elemento che il cliente preferirebbe ritrovare in un buon servizio di consegna a domicilio è altresì la possibilità di ricevere aggiornamenti in tempo reale. È l’attesa dell’arrivo dell’ordine talvolta a condizionare l’esperienza di acquisto, o meglio quella customer experience di cui tanto abbiamo parlato e continuiamo a parlare. Sapere dove si trova il mio ordine in un preciso momento offre al cliente sicurezze e qualche volta una magra consolazione in caso di ritardo.
I risultati della consegna a domicilio
Può la consegna a domicilio aumentare il numero dei clienti e di conseguenza anche il fatturato in questo periodo? Certo che sì. Il lockdown ha fornito una significativa accelerata a questa tendenza. Ma soprattutto un punto di non ritorno in merito a questo servizio: la crescita esponenziale delle consegne a domicilio difficilmente potrà regredire quando la situazione tornerà, speriamo presto, alla normalità. Nel cliente è stata instillata un’abitudine che ormai si sta radicando e al quale, sono sicuro, non si potrà più rinunciare.
Per le piccole e grandi attività di retail si tratta davvero di una possibilità in più, di un nuovo canale di acquisizione di clienti e altresì di uno di fidelizzazione dei già clienti.
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